Aldous

Circolari ipnopediche

NON LEGITUR

Qualcuno ogni tanto dovrà pur dire ciò che, per quanto sia imbarazzante, è evidente. Ci sarà un limite alle “cose opportune”, alle pietose bugie, alle flaubertiane idee correnti, alle ipocrisie, ai moniti solenni, alle retoriche parole che possono essere dette e che una società può reggere. Un limite di non-parresia oltre il quale si soccombe, un limite di dissimulazione, onesta o disonesta che sia, oltre il quale la realtà non la becchi proprio più.

È un limite questo che non riguarda solo le grandi questioni: la geopolitica, l’economia, la virologia, la guerra e la pace ma anche quelle apparentemente meno grandiose. In teoria la verità la dovrebbero inseguire quei pochissimi filosofi che sono disposti a pagarne il prezzo ma a volte, forse più spesso, scappa dalla penna degli scrittori veri (per non citare sempre Pasolini si pensi a Bianciardi, ad esempio). Ne è scappata una piuttosto importante a un ottimo scrittore e saggista, Giuseppe Montesano sul non sempre interessante Robinson, inserto letterario di la Repubblica. Montesano afferma, nel numero del 2 febbraio 2025, con dolore, con imbarazzo, con perplessità, una cosa che ci dobbiamo decidere a dire: non si legge più, e se si legge si legge poco, male, con sofferenza e senso di colpa. Intorno a noi la gente (quella che leggeva e amava i libri) non legge più. Vorrebbe, forse ne ha nostalgia, si ripropone di farlo, magari compra anche dei libri, ma non legge più, non ci riesce.

Poi Montesano, da parresiasta, affonda di più il coltello: anche lui legge sempre meno. Scrive: “Anch’io sempre più spesso prendo un libro in mano solo se credo di non avere niente di più eccitante da fare, e mi preparo, lo apro, comincio e ecco (…) mi sembra di perdere tempo, allora mi alzo e bevo, mi chiedo se non devo fare qualcosa che ho dimenticato di fare, penso che non sto producendo niente, penso che dovrei lavorare, comincio a sentire una specie di ansia”. Montesano, credo che l’informazione non sia superflua, è autore anche di un monumento alla lettura come modo di vivere di circa duemila pagine: Lettori selvaggi. Il pezzo prosegue poi svelando il nome dell’assassino. Montesano ci racconta che, per un attimo, solo per un attimo, guarda le news sullo smartphone e … “vado con i pollici, clic clac clic clac e mi incanto, e sì, sono di nuovo con tutti, di nuovo come tutti, leggero, libero. Che orrore! (…) io non voglio essere il servo sciocco che produce like! (…) eppure la fabbrica dei like ci adesca”.    

Non si legge più. Lo sappiamo. Lo vediamo anche se non ci garba pensare fino in fondo una società in cui non si legge più. Si faccia invece tesoro di questo regalo di Montesano, utilizziamolo per guardarci intorno e tutto ci sarà più chiaro. La nostra è una società basata sulla lettura: di libri, di delibere, di faldoni e sentenze. Solo che nessuno più le legge. Si scorre, si sfoglia, si assaggia ma non si legge.

Non si legge perché la struttura profonda della nostra società è data dalla connessione e dalla mobilitazione costante di tutti i suoi membri attraverso la comunicazione digitale. Leggere quattro ore di seguito (magari un libro neppure comprato ma ereditato) è l’atto più asocial(e) che si possa ormai immaginare. Significa pretendere di stare fuori dalla connessione totale, dal controllo, dalla produttività di contenuti che devi assicurare postando e rispondendo sul tuo smartphone, significa fuoriuscire commercialmente dal mondo. Uno strappo a un ethos condiviso.

Questo è ciò che il web come re del mondo non può accettare, non l’hate speech che è pur sempre mobilitazione e che crea tante reazioni uguali e contrarie e quindi nuovo traffico digitale. “Essere con tutti, di nuovo come tutti”: ha ben colto la questione Montesano e prima di lui, già nel 2000, Raffaele Simone nel volume La terza fase che aveva identificato la svolta antisociale dell’atto “solitario” della lettura. La lettura è ormai l’atto deviante per eccellenza. Potremmo immaginare i circoli di lettura come gruppo di auto-aiuto per recuperare alla decenza sociale minima questi soggetti. Leggete, se proprio non riuscite a togliervi il vizio,  ma poi ne parliamo insieme e magari facciamo la pagina social del nostro gruppo!      

La società continua in apparenza a far finta che si legga ma molti dei nostri usi sociali sono ormai meri involucri. Non leggono i recensori: la quasi totalità delle recensioni che circolano può tranquillamente essere stilata senza leggere se non per poche pagine, il libro. Questo non dimostra che i libri recensiti non siano letti dai recensori ma tra le due opzioni questa resta più logica (che senso avrebbe infatti leggere tre-quattrocento pagine di un libro per poi dire così poco su di esso). Non legge la critica letteraria accademica che si sposta infatti su tecniche che possano essere portate avanti senza troppi investimenti in lettura (quanti potrebbero fare oggi, con tutto ciò che si frappone alla lettura completa e meditata dei libri, una critica alla Harold Bloom, alla George Steiner o restando più nelle vicinanze, alla Berardinelli).  Anche nei licei, si smontano sonetti, si imparano figure retoriche. Si fa insomma tutto quello che si può fare senza leggere.

I dibattiti accesi dalla pubblicazione di un libro palesemente si dipanano senza alcun riferimento alla complessità del discorso del libro stesso che, ovviamente, quasi nessuno dei dibattenti ha letto. Ma perlopiù i dibattiti si dipanano a partire da un tweet, da un post, da un meme, da roba che si legge in pochi minuti se non in pochi secondi. Per questo si mette il tempo di lettura negli articoli: per impietosire il possibile lettore e convincerlo che può farcela. Càpita sempre più spesso, inoltre, che spedendo una mail un po’ più lunga e articolata il tuo corrispondente risponda chiedendoti informazioni già contenute nella seconda parte della mail.

E la valutazione bibliometrica e quantitativa dei ricercatori? Necessaria giacché si scrive (atto spesso ormai algoritmico-combinatorio) ma non si legge. Chi diavolo ha il tempo oggi di leggere e valutare la Trilogia delle sfere di Sloterdijk o L’ontologia dell’essere sociale di Lukács? Meglio contarle: vale una monografia se in unico volume e tre se possiede tre isbn. Gli articoli si valutano per numero e per collocazione (lì basta leggere il nome della testata e vedere se è nell’elenco delle riviste in prima fascia). Potrebbe comunque aiutare per la filosofia, passare a quella analitica, lì gli articoli sono perlopiù piuttosto brevi. Dunque La società si prepara a continuare una simulazione di se stessa che tenga conto del fatto che nessuno legge più e che chi legge si fa fuori da solo non potendo reggere i tempi di presenza e di reazione che i social chiedono e che impongono al resto della realtà (qualora ve ne sia ancora uno, di resto).

A fronte di questo crollo ci chiedono comunque di reggere ancora per poco. I modelli di intelligenza artificiale in veloce via di diffusione potranno leggere per noi e poi rispondere anche per noi. Se Baudrillard diceva anni fa che il videoregistratore vedeva il film al posto nostro, ora i loro più complessi eredi continueranno a leggere al posto nostro e ci lasceranno scrollare in santa pace, felici e inebetiti nella appartenenza al corpo mistico digitale.