Aldous

Biblioteca del coraggioso mondo nuovo

RILEGGERE HOUELLEBECQ IN PANDEMIA

La pandemia no, non l’aveva considerata. Ma il contagio che si diffonde nella società occidentale, quello sì, perché il SARS COV-2 giunge alla fine di un lungo percorso di infezioni e in qualche modo ne costituisce il suggello, un po’ come Serotonina, l’ultimo romanzo, porta a compimento le tematiche seguite da Michel Houellebecq nel suo percorso narrativo. La pandemia venuta dalla Cina, letta col suo metro di giudizio, non è per nulla diversa da quelle endogene e quando sarà passata, come ha scritto in una lettera all’emittente radiofonica France Inter, "saremo come prima, solo un po’ peggiori". Il chiodo tematico sul quale batte lo scrittore francese a partire dal suo primo successo, L’estensione del dominio della lotta, è il progressivo declino della società occidentale, tratteggiato con tinte ben più fosche di quelle usate da tanti intellettuali, da Toynbee e Spengler in poi, che lo hanno anticipato. Nei suoi romanzi Houellebecq segue le tracce del virus che negli ultimi cinquant’anni ha progressivamente infettato le istituzioni, i corpi e le coscienze del Vecchio Occidente: il liberismo economico. Come l’evento luttuoso nelle tragedie greche, i protagonisti di Houellebecq hanno vissuto la sbornia di libertà prima dell’inizio della storia e ora gli è rimasto da recitare il ruolo di prodotti usurati. In un clima di isolamento, precarietà esistenziale, sofferenza collettiva e mancanza di prospettiva futura, questi antieroi, egoisti e disillusi al limite del cinismo, cercano alla meno peggio di adattarsi alla realtà e di trovare un angolo privato in cui continuare a nutrire i propri desideri. 
Ciò che differenzia l’autore francese da altri narratori che danno forma a tendenze evidenti nella realtà socio-economica e politica, è la capacità di seguirne le trame proiettandole in un futuro non troppo lontano. Ne scaturisce un iperrealismo sociale che non vuole essere affatto di conforto ma, anzi, così come il suo ispiratore H. P. Lovecraft faceva con la fantascienza, provocare sul lettore un effetto straniante che possa ridestarlo da quel fondo di rimozione e stordimento nel quale vive. Da una parte della critica, forse per un meccanismo di difesa, Houellebecq viene rubricato nella letteratura nichilista, catastrofista e reazionaria. A testimoniarlo è il dibattito aperto dalla pubblicazione di ogni suo romanzo, che s’incentra sugli orientamenti spaventevolmente futuribili che fa prevedere anziché sulla catastrofe sociale ed esistenziale di cui sono le logiche conseguenze. È il caso del distanziamento sociale mediato da Internet che stiamo vivendo da un anno a questa parte, che trova in qualche modo una sua anticipazione ne La possibilità di un’isola, degli attentati di matrice islamica come risposta all’occidentalizzazione forzata, descritti in Piattaforma, o dell’ascesa al potere di un partito islamico sospinto dalle tendenze antiliberiste di un certo gauchismo elitario, pericolo che in Francia sta monopolizzando il dibattito politico attuale e che ha attirato l’attenzione su Sottomissione nel 2015. Serotonina continua questa serie prefigurando la rivolta dei gilets jaunes, di poco successiva alla sua pubblicazione. 
In questo romanzo Houellebecq intreccia i percorsi dell’agronomo Florent-Claude Labrouste e del suo unico amico Aymeric, erede di una famiglia dell’aristocrazia terriera, che si ritrovano alla soglia dei cinquant’anni, lontani dal periodo pieno di sogni, progetti e speranze della facoltà di agraria. Il primo attraversa quella fase della vita in cui nei pensieri, per dirla con il Camus de Il mito di Sisifo, s’insinua “un niente” e il vuoto diviene eloquente. Come l’autore spoilera sin dalle prima righe, Florent ricorre al Captorix, il farmaco che liberando serotonina, l’ormone della felicità, lo aiuta "ad affrontare i principali riti di una vita normale in seno ad una società evoluta". Con una sola controindicazione: la scomparsa della libido e l’impotenza. Aymeric invece fa parte di quei produttori presi nel vortice della globalizzazione e messi con le spalle al muro dal capitalismo agricolo e dalla grande distribuzione che, invadendo il mercato con prodotti extra UE a prezzi non concorrenziali, li hanno portati al fallimento. Né Florent né Aymeric hanno gli strumenti per uscire da una crisi di sistema interpretata, invece, come "una spiacevole concatenazione di circostanze". Entrambi si muovono in un mondo in cui non c’è più una dimensione comunitaria che funzioni come argine alla rovina individuale, tantomeno solidarietà e com-passione, dove lo spazio pubblico ha smesso di essere il luogo della democrazia e della partecipazione. Sono entrambi figli di una cultura in cui si consuma o si è consumati, tertium non datur, e la loro uscita di scena è iscritta in questa mancanza di alternative. 
Assistendo alla personalissima Odissea di Florent, un viaggio nella memoria di una vita che avrebbe potuto essere felice e non lo è stata, ad un certo punto il lettore potrebbe anche chiedersi cosa abbia Serotonina di diverso rispetto al solito cliché dell’autore francese, a parte il fatto di essere il romanzo più “alla Houellebecq” che abbia scritto, viste alcune immagini bizzarre da cui si lascia prendere la mano. A caratterizzarlo è innanzitutto il farmaco della felicità a base di serotonina, attraverso cui Houellebecq, ultimo rappresentante di una lunga tradizione francese di moralisti, mette in scena la nemesi di una società che vive sotto la dittatura del desiderio ma in cui, per essere felici, bisogna rinunciare al desiderio stesso con l’ausilio della chimica. Ma è nel finale che Houellebecq arriva a compiere una vera e propria inversione rispetto al suo percorso tematico. Proprio attraverso l’ennesima esistenza depressa, dilaniata dall’impossibilità dell’amore e della felicità e dalle umiliazioni subite dallo spencerismo sociale, senza possibilità di riscatto, il materialissimo Houellebecq arriva, invece, a ritrovare nella vita umana una traccia di divino e lasciare così immaginare al protagonista ed al lettore la ri-scoperta di un vaccino contro la pandemia ideologica che ci sta conducendo alla distruzione.