TRASPARENZA
Non c’è soltanto Black Mirror. Lo spettacolo delle distopie ambientate in un futuro molto vicino, un futuro che è già nelle tecnologie del presente, si esprime anche in altri modi. Ad esempio The Circle di James Ponsoldt è del 2017, sono trascorsi soltanto sei anni dalla sua uscita ma in questo lasso di tempo molte delle possibilità di cui parla, e che erano più o meno da venire alla fine degli anni Dieci, sono adesso realtà.
Racconta infatti di una società informatica - «The Circle» - che è una vera e propria implementazione del cosiddetto GAFAM, vale a dire l’unione di Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft. Come gli abili e visionari proprietari di queste aziende, il capo di The Circle, Eamon Bailey, espone ed esalta gli avanzati effetti sociali che la capillare diffusione del digitale potrà conseguire: maggiore sicurezza collettiva, possibilità di rintracciare chiunque ovunque si trovi, contrasto alle menzogne, sconfitta del ‘terrorismo’, democrazia diretta e soprattutto assoluta, pervasiva, quotidiana trasparenza. The Circle è inoltre una comunità - «una grande famiglia» of course - i cui impiegati vivono insieme, aggiornano di continuo i loro ‘profili social’ (devono farlo) e soprattutto sanno tutto di tutti.
La neoassunta Mae Holland appare all’inizio un poco disorientata, ma poi abbraccia sempre più questo progetto sino a farsi implementare una telecamera che cancella la sua vita privata e la mette in costante connessione con milioni di persone. Lei stessa trova lo slogan adatto a tale condizione: «A secret is a lie; Un segreto è una bugia». A poco a poco emergono tuttavia gli aspetti segreti, nascosti e non proprio solidali di un simile progetto, sino a un colpo di scena al quale segue una conclusione incerta e ambigua.
Come tutto incerto rimane il film tra apologia delle tecnologie digitali e rischio nel loro utilizzo, ma appunto solo nel loro utilizzo, con nessun accenno al loro statuto, vale a dire a ciò che le fonda e del quale qualsiasi utilizzo è un semplice effetto. E ambigua è dunque l’intera operazione di James Ponsoldt, tratta dal romanzo di Dave Eggers, risultando alla fine soltanto il consueto filmetto/filmone hollywoodiano pronto a indicare i cattivi nascondendo con cura le ragioni della loro cattiveria.
The Circle è interessante non per quello che il film racconta ma per come si vanno implementando nella società digitale i progetti, le attività e i pensieri che racconta. Dal 2017 a oggi, ad esempio e banalmente, è un dato di fatto sociale e tecnologico la connessione continua di milioni di persone che camminano per le strade registrando o ascoltando messaggi vocali (probabilmente, lettore, anche tu sei una di queste persone); è un dato di fatto il trasferimento ‘volontario’ di una spropositata quantità di dati privati e personali in database fuori da ogni controllo. E questo per garantire «efficienza, comodità, sicurezza, conoscenza, progresso» come il capo di The Circle continuamente ripete.
Una fiction, una finzione, è ad esempio la grande messa in scena della privacy, delle sue Autority, delle Università, come quella di Catania, che sul loro sito sostituiscono i nomi dei laureandi con il numero di matricola ‘allo scopo di tutelare la riservatezza degli studenti’ (incredibile scemenza). Questo teatro e questa finzione sono stati di colpo cancellati sino a dover rendere pubblico a ogni passo della vita la propria condizione di vaccinato / non vaccinato / malato / guarito, vale a dire dovendo rendere pubblica la condizione più intima del proprio corpomente.
Sbandierato per anni come frontiera della dignità della persona, il diritto alla riservatezza viene progressivamente cancellato dall’esistenza collettiva. L’autorità intende infatti entrare nei gangli più riposti della vita e dei corpi. Persino questo film del 2017 lo aveva capito. Molti contemporanei, invece, continuano a non vedere, fidandosi delle ‘autorità’ e della loro volontà di garantire «sicurezza e salute».