Aldous

Distopie

VARIANTE K. (Una favola praghese)

Una mattina, dopo una notte di sogni agitati, Gregorio Sarsa si svegliò mutato in un grosso no vax. Non lo capì subito. In apparenza si sentiva e vedeva come il giorno addietro ma l’indietreggiare un po’ impaurito di sua sorella nel vederlo uscire dalla propria stanza lo mise in allarme.
Terminate le sue abluzioni mattutine Gregorio scese in strada per andare a fare colazione nel suo bar preferito ma all'ingresso il barista, solitamente assai gentile, gli fece segno, con uno sguardo tra l'imbarazzato e l'ottuso, di non entrare. Dunque era successo! Ma quando?
Gregorio ricordava con precisione di avere fatto da ragazzo tutti i vaccini, ricordava anche diverse punture durante il servizio militare infine, ma vagamente, ricordava una polemica di anni addietro sulla legge Lorenzin di cui, non avendo figli, si era bellamente infischiato. Strano: quest'ultimo pensiero oggi lo imbarazzava più di quanto non lo sostenesse nelle sue buone ragioni.
Insomma com'era possibile che proprio lui si fosse trasformato? Non era sua intenzione. Lui aveva persino rispetto della scienza e aveva provato a riconoscerla nei discorsi dei medici e dei virologi che pascolavano in tv, ma non ci era riuscito. Non poteva essere quella! Ricordava perfettamente i volumi di filosofia della scienza studiati in università. Come poteva l’oggetto essere il medesimo. Piuttosto quelle apodittiche asserzioni pretesamente vere nel momento in cui venivano pronunciate e poi rapidamente sostituite da asserzioni opposte altrettanto pretesamente vere gli ricordava qualcosa di religioso: la progressiva costruzione di un deposito di verità di fede sulla cui tenuta logica il devoto era caldamente invitato a non indagare. Oppure gli faceva venire in mente il “contrordine compagni” con cui Guareschi parodizzava il comunismo degli anni Cinquanta.
Girando per la città Gregorio capì che la mutazione non era limitata alla sua persona ma, benché poco diffusa, interessava un certo numero di cittadini. Ciò lo consolò ma lo rese ancora più sgomento. Certo, a lui sembravano identici a prima, ma la paura negli occhi degli altri e il tentativo, che si scontrava con il terrore e il ribrezzo di doverli avvicinare, di allontanarli e non farli entrare nei negozi e negli autobus, mostrava come l’orribile trasformazione fosse già avvenuta. Perché lui non la vedeva? “Forse – pensò - la sua stessa mutazione gli faceva vedere come normali degli esseri che come lui ormai non erano del tutto umani e come tali non potevano dividere lo stesso luogo di chi si era mantenuto sano.”
Ma quando gli era successo? Lui non ricordava l’esatto momento in cui era fuoriuscito dalla normale e fisiologica umanità. Quando era stato pubblicato il decreto aveva visto che la legge lasciava liberi di scegliere. Gregorio era un trentasettenne in forma, senza problemi di salute e con analisi perfette, faceva il traduttore e usciva poco. Aveva visto i numeri dei decessi per fascia di età, la mancanza di dati sugli effetti a medio e lungo termine dei sieri e ne aveva dedotto che vaccinarsi, nel suo caso, era una scelta irrazionale. Che senso avrebbe avuto? Poi, qualche mese dopo, gli avevano spiegato che se si fosse vaccinato avrebbe goduto di un diverso trattamento rispetto a chi non accettava e Gregorio si era limitato ad alzare le spalle e pensare tra sé e sé: “che diavolo di motivo può mai essere questo per fare qualcosa che non ti convince? Anzi una persona etica dovrebbe essere imbarazzata dal ricevere privilegi per una cosa che lo Stato di dice essere libera” e non ci aveva pensato più. Sì, doveva essere stato in quel momento. Era bastato così poco? E adesso si trovava in questa penosa condizione. E perché continuava a non vedere la differenza tra prima e dopo?
Di ritorno a casa, sua sorella lo aspettava in salotto e gli disse che era il caso che andasse via da casa, che anche mamma e papà erano d’accordo, che nelle sue condizioni non poteva stare più con loro. Gli ricordò che c’era la casa al mare vuota, per quanto un po’ fredda, e avrebbe potuto accomodarsi lì e lo pregò di fare rapidamente il suo bagaglio così poi lei avrebbe potuto pulire.
Gregorio non sapeva che dire. I suoi affetti lo stavano scacciando. Commosso e triste per l’abbandono della casa paterna provò ad avvicinarsi per abbracciare la sorella ma lei fece un balzo indietro ricordandogli che a lui non era più dato abbracciare i non trasformati. E in quel momento, guardando finalmente qualcuno in volto, senza coperture, vide negli occhi della sorella un bagliore freddo (qualcosa di rettile) e capì che non era lui ad essersi trasformato ma gli altri, quelli che lo allontanavano da negozi e vagoni. Lui era soltanto rimasto quello di prima, non si era adeguato, e tanto era bastato.
Fu con sollievo che Gregorio scese le scale con due valigie in cerca di coloro che avevano resistito alla trasformazione pensando che forse ancora qualcuno da abbracciare era rimasto.