Aldous

Distopie

LIBERTÁ DI PAROLA

Ho ricevuto da Davide Amato, giovane lettore di Ždanov, una lettera di apprezzamento e condivisione. Tranne su un punto.

«Devo dire che su un aspetto non sono concorde: sulla sua difesa, mi sembra un po’ astratta, del concetto di libertà. Io non ritengo ad esempio che il politicamente corretto vada osteggiato in quanto è una forma di censura, ma lo critico perché è una forma di censura al servizio delle classi dominanti. Non le nascondo che se al potere vi fosse un partito anticapitalista non avrei nessuna esitazione ad appoggiare la censura (se necessario) di idee e opinioni appartenenti alle ideologie da lei criticate nel testo».

A tali e ad altre analoghe affermazioni ho risposto in questo modo:

La libertà della quale parla Ždanov non è naturalmente la libertà di rubare, di delinquere, di sfruttare i lavoratori, di estendere con gli strumenti del denaro il dominio del capitale. Non è questa libertà che difendo. Essa è invece la libertà di pensiero, espressione e parola. La libertà riassunta nell’epigrafe tratta dal Trattato teologico-politico: ‘In una libera Repubblica è lecito a chiunque di pensare quello che vuole e di dire quello che pensa’.

E che questa libertà sia il contenuto del libro vorrei mostrarlo nel modo più semplice.

Lei scrive che ritiene 

-giusto togliere la libertà di pensiero e di parola allo scopo di «servire gli interessi di chi produce valore nella società».

Altri scrivono e pensano che sia:

-giusto togliere la libertà di pensiero e di parola allo scopo di «difendere la verità rivelata da Dio e dunque evitare che le anime vadano all’inferno»;

-giusto togliere la libertà di pensiero e di parola allo scopo di «difendere la scienza ed evitare che le persone contraggano il Covid»;

-giusto togliere la libertà di pensiero e di parola allo scopo di «evitare il ritorno del fascismo»;

-giusto togliere la libertà di pensiero e di parola allo scopo di «evitare il ritorno del comunismo»;

-giusto togliere la libertà di pensiero e di parola allo scopo di «evitare il ritorno dell’antisemitismo»;

-giusto togliere la libertà di pensiero e di parola allo scopo di «garantire l’esistenza di una società inclusiva e dei diritti dei migranti»;

-giusto togliere la libertà di pensiero e di parola allo scopo di «portare la civiltà ai selvaggi»;

-giusto togliere la libertà di pensiero e di parola allo scopo di «garantire il diritto delle persone LGBTQ+»;

e così via e così via nel lungo rosario della giustificazione dell’oppressione, delle giustificazioni di chi da millenni cerca di togliere agli umani l’unica cosa che forse hanno di buono: la creatività, il pensare, la critica delle verità assolute.

La sua affermazione per la quale è giusto togliere la libertà di pensiero e di parola allo scopo di «servire gli interessi di chi produce valore nella società» è diversa nei contenuti dalle altre, come lo è ciascuna di esse rispetto a ogni altra, ma è categorialmente identica ed è essa il male della storia.

Lei potrebbe rispondere che il suo scopo sarebbe ben diverso perché difende la giustizia e l’eguaglianza ma tale giustificazione sarebbe addotta pari pari dagli autori delle altre censure poiché anch’essi difendono dei valori assoluti come sta facendo lei.

Su questo punto spero di essere stato chiaro perché chi non concorda con l’affermazione di Spinoza vuol dire che condivide i contenuti di Ždanov solo tatticamente ma non strategicamente. E di fatto è pronto a comportarsi come i politicamente corretti.

Io rifiuto tutte le censure. Ritengo che anche le tesi più aberranti debbano avere il diritto di essere espresse. Se si tratta di tesi folli o bizzarre, tanto peggio per chi le enuncia (e se costituiscono offesa personale c’è il Codice Penale che può intervenire). 

In caso contrario si cade nel paradosso che sta pervadendo il XXI secolo, il paradosso del quale è responsabile ad esempio Karl Popper, il quale reputa un diritto della «società aperta» togliere la parola ai suoi nemici, senza rendersi conto che in questo modo la società aperta non esiste più, diventando una società chiusa. È esattamente quello che stanno facendo Soros e le sue creature (i decisori politici) all’interno dell’Unione Europea. Soros è infatti un acceso sostenitore di Popper ed è presidente della Open Society Foundations.

L’interlocutore mi ha risposto in tre modi.

 

Il primo:

«Non so perché mi abbia attribuito questa confusione tra i piani del pensiero e dell’azione, quando io stesso ho posto questa distinzione nella mia lettera precedente. Ho proprio lasciato intendere che ritengo accettabile la libertà di parola fintantoché non si traduca in azione politica contraria agli interessi del proletariato.

[…]

Per andare più a fondo in ciò che dicevo nella mia lettera le pongo allora un quesito: aldilà del rispetto formale della libertà di parola e di pensiero, sarebbe disposto ad accettare che, in una società post-capitalista, le parole e i pensieri espressi anche da posizioni radicalmente opposte alla sua (alla nostra che critichiamo aspramente questo sistema in cui viviamo), si tramutino in azione politica

Io credo che il nucleo centrale, quando si parla di libertà di parola, sia proprio qui. In tutte le società vi è libertà di parola, fintantoché chi parla non rechi danno all’ordine costituito (sia essa una società socialista, fascista, capitalista). In nessuna società esiste o è mai esistita la libertà assoluta, astratta di parola, a prescindere dal contesto. Specialmente se tale libertà possa poi avere delle conseguenze politiche capaci di cambiare lo stato di cose».

Nella mia ulteriore risposta ho scritto:

Io rivendico il diritto dei politicamente corretti di dire quello che vogliono; nego loro il diritto di impedire a me di fare altrettanto. E questo prescindendo dai possibili effetti delle loro tesi e delle mie. Questo è il nucleo della libertà umana, negato il quale si apre la porta alle più varie dittature, tutte con le migliori intenzioni naturalmente, tutte mosse da alti (altissimi, quasi invisibili) valori etici e politici. ‘Non vorrai con le tue critiche al politicamente corretto aiutare, favorire, giustificare quanti picchiano gli omosessuali? Stai attento! Anzi staremo attenti noi impedendoti di scrivere e pubblicare contro il politicamente corretto’.

Mi dispiace dirle, Davide, che questa logica è anche quella che fonda il suo discorso: un valore supremo in nome del quale togliere la parola agli altri. La invito a stare attento perché sostenere questa logica significa sostenere sempre i più forti, quelli che vincono.

 

Il secondo:

«Se dovessimo, per pura ipotesi (purtroppo molto lontana), arrivare a una società socialista che rispetti i valori della giustizia e dell’eguaglianza, dovremmo lasciare che i detentori di capitale, la borghesia con i suoi apparati di comunicazione e di propaganda, siano liberi esprimersi anche laddove questa libertà di parola si possa mettere in pericolo gli stessi capisaldi che tengono in piedi la società più giusta che si è duramente costruita?»

Al che ho risposto: 

Sì, dovremmo lasciare liberi tutti di criticare la società che «rispetta i valori della giustizia e dell’eguaglianza», come dovremmo lasciare chiunque libero di criticare qualunque valore.

L’alternativa è, ripeto, il totalitarismo o almeno una dittatura ecclesiale, borghese, proletaria e quant’altro. Io rifiuto tutte le dittature.

Questo è il principio più concreto: è il principio della libertà filosofica, è la condizione di ogni sviluppo umano, di ogni ironia, di ogni disincanto, di ogni bellezza, di ogni saggezza, di ogni sapienza.

 

Il terzo:

«Ci provo con un esempio: le sarà sicuramente capitato di assistere ad episodi di violenza, nel corso della sua vita. In alcuni casi avrà pensato "costui che ha commesso violenza è un abietto e l'ha fatto per motivi iniqui", e in altri casi avrà pensato "costui che ha commesso violenza lo ha fatto mosso da giustizia. Non aveva altra scelta e non intervenire avrebbe recato più danno di quel che è stato". Ecco, difendere la libertà di parola in ogni caso mi sembra lo stesso di chi osteggia la violenza in ogni caso e in ogni sua forma: non si cura del perché la violenza sia necessaria in alcuni casi, e rifiutandola aprioristicamente rischia di recare danno alla stessa causa da egli difesa». 

La mia replica:

Io, al contrario, sostengo il diritto di difendere l’apologia di qualunque violenza. Poi intervengono le leggi poste contro le prassi violente. Un esempio: sono del tutto contrario alle leggi contro l’apologia del fascismo. Non a caso da questa legge sono derivate in molti Paesi europei altre leggi che perseguono l’apologia del comunismo. Vede? Una volta che autorizziamo il carcere o le multe per chi parla, prima o poi esse riguarderanno le nostre stesse parole.