ECOLOGIA
Il fondamento di ogni comprensione del mondo è che il mondo esista al di là del suo essere pensato dalla specie umana o da qualunque altra forma possibile di intelligenza.
Il fondamento di ogni analisi della vita sulla Terra non può che essere fisico, poiché il pianeta e i viventi in esso apparsi sono appunto strutture fisiche, in modo diverso e analogo rispetto alle strutture fisiche che chiamiamo minerali.
E due dei fondamenti della fisica sono i primi principi della termodinamica: uno che indica la costanza dell’energia in un sistema chiuso qual è l’universo; il secondo che sancisce l’irreversibilità dei processi fisici (e non della loro semplice descrizione matematica) che è conseguenza delle leggi che guidano i sistemi materici, vale a dire la conservazione della quantità di moto e la conservazione dell’energia. Si tratta di leggi e principi che determinano il divenire delle quattro forze fondamentali della materia e quindi dell’universo: la gravitazione, l’elettromagnetismo, la forza nucleare forte e la forza nucleare debole.
Il fondamento di ogni antropologia non può che essere di conseguenza anch’esso fisico e consiste nella comprensione degli esseri umani, come di tutte le strutture animali e viventi, quali sistemi energetici e termodinamici aperti, i quali «per esistere necessitano di flussi adeguati di materia ed energia prelevate dall’ambiente e quindi dal pianeta Terra», come scrive Giorgio Libero Sanna ricordando le analisi economiche ed ecologiche di Nicholas Georgescu-Roegen (L’epifania del sacro. Saggio sulla ‘dimensionalità originaria’ e sull’inevitabile collasso energetico della civiltà industriale, Albatros, Roma 2024, p. 234) in un volume ricco di livelli, stratificazioni e competenze, il cui titolo un poco oracolare non deve ingannare a proposito del rigore delle argomentazioni in esso formulate.
Ogni comprensione della tecnica e delle tecnologie deve anch’essa partire dalle potenzialità e dai limiti della materia terrestre. È a questo fine assai feconda la distinzione, proposta anch’essa da Georgescu-Roegen, tra le feasible recipes (le tecniche fattibili) e le viable technologies (le tecnologie che si autosostengono). Che una tecnologia sia per principio e anche empiricamente realizzabile non significa affatto che essa potrà essere poi di fatto utilizzata, se la sua pratica risulta antieconomica e quindi intrinsecamente impossibilitata a passare dalla potenza all’atto. E questo accade perché nessuna tecnologia può creare energie che in natura non esistono ma può soltanto cercare di utilizzare al meglio quelle che ci sono.
Le due forme di energia che hanno prodotto le attuali società umane sono: la radiazione del Sole, che rende possibile la fotosintesi clorofilliana e dunque sia l’agricoltura umana sia la vita dei sistemi energetici animali (poi da varie specie, umani compresi, trasformati in cibo); il massiccio utilizzo di fonti fossili, vale a dire carbone, petrolio, metano e altri gas naturali depositati nel corso di intere ere geologiche sotto la crosta terrestre.
Le cosiddette ‘energie alternative’ non sono tali e non possono diventarlo poiché per essere utilizzate e distribuite hanno bisogno sempre di una parte consistente di energia fossile, la quale è l’unica capace di alimentare l’apparato industriale di prelevamento e distribuzione dell’energia solare diretta e dell’energia eolica. Scomparse le fonti fossili, anche l’utilizzo industriale dell’energia solare e del vento cessa. Così come scompare l’energia nucleare, la quale per poter funzionare utilizza anch’essa come carburante le energie fossili.
Dovrebbe a questo punto risultare chiaro che l’economia è soltanto un’espressione dell’ecologia e da essa dipende, «essendo il sistema economico solamente un esiguo sottosistema del sistema ecologico» (Sanna, p. 41). Questo fa sì che i sistemi economici siano sempre del tutto dipendenti dalla disponibilità di energia. L’esaurirsi dell’energia fossile e, prima ancora, il rendimento decrescente del suo sfruttamento costituiscono due elementi fondamentali per capire il presente e il futuro politico. Già Stuart Mill aveva osservato come il rendimento della terra coltivabile e delle miniere sia decrescente a causa della difficoltà di rendere coltivabili nuovi terreni e dei costi sempre più gravosi dell’estrazione mineraria via via che i livelli più superficiali si esaurivano.
Discorso identico vale per le risorse fossili ed è anche questo che spiega il moltiplicarsi dei conflitti nel mondo contemporaneo. I rendimenti decrescenti possono essere provvisoriamente nascosti soltanto con lo strumento finanziario di una potenza egemone la quale con il primato della sua moneta – nel nostro presente il dollaro USA – costringe le economie degli altri Paesi a fornire energia e risorse in cambio di dollari. Quando le economie subordinate tentano di sottrarsi all’egemone, quest’ultimo ha due possibilità: accettare il declino e ridimensionare il proprio stile di vita oppure condurre guerre allo scopo di imporre agli altri Stati la propria economia. Tutti i presidenti USA hanno ribadito che il tenore di vita degli americani ‘non è negoziabile’ e quindi rimane soltanto la guerra.
Il profilarsi di sistemi monetari alternativi, come quelli proposti dai Paesi che si riconoscono sotto la sigla dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica quali Paesi promotori) è il vero rischio paventato dagli USA e dai suoi alleati anche europei. Ed è anche questo che spiega i conflitti in America Latina, in Europa (Ucraina) e in Asia (tensioni con la Corea del Nord e soprattutto con la Cina).
L’energia è dunque la vera signora della Terra, poiché lo è del cosmo. Energia che è sempre tempo in atto (E=mc2). Energia-tempo che costituisce il divino. «Deus sive natura» (Spinoza, Ethica, parte IV, prop. IV) significa e indica l’eternità dell’energia nel cosmo. Il pianeta Terra è soltanto un’infima particella dell’intero e dunque con l’esaurirsi della sua modestissima quantità di energia si esaurirà ciò che in esso chiamiamo vita, potere, politica.