Aldous

Distopie

IL BELLO E IL BRUTTO DEL BRUTTO

Nel complesso panorama contemporaneo di visioni e previsioni distopiche non poteva non irrompere il brutto. È stato ed è sempre lì in agguato, pronto a imporsi a tutti noi. Tuttavia, non si tratta del solito brutto a cui fanno riferimento gli esteti e le estetiche di ogni epoca e luogo. Non è l’amorfo che banalizza l’immagine della realtà che ci circonda. Non è l’anarchico che si contrappone o se ne frega dello stile, o del sedicente tale, della propria epoca. Neanche l’arabesco, esotismo importato spesso per soddisfare gusti momentaneamente stravaganti. Non è l’arbitrario di chi si crede più importante degli altri tanto da far quel che vuole. Non è l’asimmetrico che irrompendo nella realtà la contraddice e la rappresenta allo stesso tempo. Non è l’assenza di carattere che, quando è molto diffusa diventa, al contrario, caratterizzante. Non è neanche il banale contrario di quella originalità tanto ricercata e poi ostentata da risultare forzata. Non è il buffo che trova il giusto riscatto nell’ilarità che provoca. Né il camp che fa dell’esagerazione la cifra della sua affermazione. Nemmeno il caricaturale che deformando la realtà concorre a costruirne le fattezze. Non il casuale che, a guardar bene, non si dà mai per caso ma ha sempre una sua inconsapevole ragion d’essere. Non è il debole, se poi il forte non è abbastanza tenace da sopravvivergli. Tantomeno il deforme, rappresentazione di bellezze inflesse. Neppure il diabolico, tanto utile al divino per la propria affermazione. Neanche il disarmonico che muta al mutare del suo opposto. Non il disonesto, se rapportato alla molteplicità della realtà. Non è il disordinato nel caos della complessità. Neanche l’eccentrico rispetto all’innumerabilità dei centri. Né l’eccessivo, data la normalizzazione dell’incontinenza. Nemmanco il falso, se il vero non si lascia conoscere del tutto. Non è il goffo, perché ogni goffaggine è animata da un proprio candore. Neanche il grottesco che attraversa ogni deformità con la bizzarria. Tano meno l’impressionante che nell’epoca del perturbante non impressiona più nessuno. Neanche l’imperfetto se la perfezione non ci appartiene. Tanto meno l’incompleto che dell’imperfetto è una parte. Forse l’insensato, ma che senso ha? Neanche l’insostenibile se la resistenza ha un’elasticità adattabile, resilienza. Neanche l’insulso se il sale della vita si trova altrove. Nemmeno l’interessante, aggettivo che esprime chi non si esprime. Né il kitsch che dello scarto ha fatto la cifra di uno stile. Non il mostruoso che non riconosce se stesso neanche riflesso. Tanto meno l’orrendo che supera in grado il mostruoso ma che vive dello stesso paradosso.  Così come non è l’orrido. Non è l’osceno che ogni pudore supera allontanandone la soglia del senso. Neanche il pittoresco che di rappresentare l’irrappresentabile è stanco. Non è il ridicolo perché la sua inconsapevolezza fa ridere e ridere non fa male. Neppure il ripugnante che non trova più contro cosa contrapporsi o discordare. Neanche il rozzo, se la regola dell’arte è smarrita. Non lo sciatto, che viene associato allo stile come aggettivo invece di essere usato come una sua antinomia. Nemmeno lo scorretto, se la sregolatezza è la norma. Non è lo shoccante che è usato per quei quindici minuti di fama effimera. Non è lo smisurato, qui dove non c’è più nessuna misura. Neanche lo sproporzionato, in assenza di proporzioni. Non è lo stravagante che non trova più limiti da stravagare. Non è neanche il trash, che misura la ricchezza dello scarto. Nemmeno il volgare, se l’etimologia è certa.  

Il bello del brutto, che si è voluto dimostrare con le precedenti declinazioni di brutto, è che questo non durerà a lungo perché presto o tardi la quotidianità lo renderà familiare e la cultura o la società lo assorbirà.

Esiste però un brutto che non diventerà mai bello, neanche nelle più “evolute” delle culture, neppure nelle più “accoglienti” società. Questo brutto è rappresentato dall’attributo negativo, che esprime una negazione, un’azione contraria al desiderabile, dannosa.

Il negativo come brutto del brutto è quando: si nega lo spazio fisico; si nega il tempo; si nega la libertà; si nega l’azione; si nega il sentimento; si nega l’espressione; si nega la vita; si nega la morte; si nega l’aria; si nega l’acqua; si nega il cibo; si negano i mari e le montagne; si negano il sole e le stelle; si nega la parola; si nega il pensiero; si nega la luce; si nega il buio; si nega il riposo; si nega il lavoro; si nega la felicità; si nega il dolore; si nega la passione; si nega l’entusiasmo; si negano i sogni e le utopie; si negano le relazioni; si nega il possibile; si nega l’impossibile; si nega il probabile; si nega l’improbabile; si nega l’essere; si nega l’esistenza; si nega il passato; si nega il futuro; si nega la memoria; si nega l’oblio; si nega la stessa negazione.