Aldous

Totalitarismo compassionevole

IL FANTASMA DELLA LIBERTÀ

Tra i luoghi comuni della neolingua pandemica spicca una perla di saggezza secondo cui la libertà di ciascuno finisce dove inizia quella dell'altro. Questa massima che profuma di filosofia senza esserlo viene utilizzata, spesso con sopraccigliosa intonazione, come argomento decisivo contro ogni forma di dissenso verso la politica sanitaria nazionale, dalla più sommessa perplessità allo "scandaloso" rifiuto della profilassi anti Covid-19. 

La presunta efficacia argomentativa deriva in realtà da un abbaglio, come quello che confonde i mulini a vento con i giganti, giacché ciò che sembra un concetto di libertà limpido e pragmatico apre innumerevoli questioni: dove inizia/finisce la libertà di qualcuno? chi stabilisce il confine? in base a quale criterio? si tratta di un limite rigido o negoziabile? quali rinunce comporta, se le comporta? chi dirime le controversie? ecc. ecc. Lungi dallo sciogliere le riserve dei dubbiosi, l'affermazione porterebbe lontano e per una strada impervia, ma di questo i media e i loro sentenziosi ospiti non si curano, perché questa frase a effetto serve egregiamente a sostituire la libertà con il suo fantasma. À la guerre comme à la guerre, si direbbe con il gergo in voga.

Ma a ben guardare, in nome della libertà si mortifica il suo stesso presupposto, da un lato liquidando come ridicola, irresponsabile e pericolosa ogni obiezione minoritaria, senza distinzione di sorta; dall'altro corteggiandola surrettiziamente per il vantaggio che ne trae la posizione dominante. Con una buona propaganda è sufficiente screditare il pensiero critico e renderlo soprattutto marginale: quanto più è marginale tanto più è esiziale e tremendamente ghiotto per la maggioranza di turno. Lo schema è quello consolidato in secoli di esercizio del potere: individuare il nemico, radicalizzare il dissenso mostrandone solo i cascami irragionevoli e violenti, accrescere di conseguenza l'attendibilità della tesi maggioritaria fino a renderla schiacciante e allontanare così i sospetti di illiberalità. Il meccanismo si perfeziona poi con la messa a punto del sistema premiante con ricompense materiali e gratificazioni morali. Sotto l'effetto della pandemia, questa dinamica molto evidente è anche molto facile da nascondere agli occhi di un'opinione pubblica spaventata e quotidianamente tartassata. La salute è senza ombra di dubbio un bene fondamentale e nessuno che faccia uso di ragione desidera ammalarsi, soffrire o vedere altri in simili condizioni, tanto più se ha conosciuto, direttamente o da testimone, l'angoscia di una malattia e della morte. E tuttavia, assistere alla trasformazione di un bene come la salute nella sua ossessione o, peggio ancora, in strumento per fomentare il conflitto sociale è inaccettabile e però è ciò che accade ogni giorno senza destare nei più preoccupazione alcuna.

È evidente che la situazione attuale è esplosa per effetto della pandemia ma ciò che l'ha resa   disastrosa non dipende dal dissenso di irresponsabili nemici della salute pubblica ma dal modello socio-economico che non è stato in grado né di resistere all'urto né si è mostrato desideroso di cambiare rotta. Le condizioni di esercizio della libertà erano già compromesse prima che la pandemia ne mostrasse le colpevoli debolezze. La privatizzazione della sanità, la carenza di personale specializzato, i tagli alla spesa ospedaliera pubblica, lo smantellamento della medicina del territorio sono stati per decenni motivo di arricchimento fuori controllo di politici, amministratori e faccendieri. Arrivati i nodi al pettine, è stato impossibile arginare le conseguenze subite dai cittadini. Dopodiché restano solo i passaggi obbligati che, con la strategia della paura, costruiscono pezzo per pezzo la gabbia mentale in cui ci troviamo. 

A meno che non si prenda in considerazione una diversa idea di libertà. Ad esempio quella sottesa alla teoria economica elaborata da Amartya Sen e ripresa da Martha Nussbaum, conosciuta come teoria dell'"approccio alle capacità". Concepita in origine per sostenere lo sviluppo dei paesi più poveri, tale prospettiva è in realtà calzante anche per le economie occidentali, dal momento che rimane nell'alveo dei modelli di crescita, ma libera dall'imposizione del PIL. Scrive Nussbaum: L'approccio (alle capacità, ndr) considera ogni persona come un fine, chiedendosi non tanto quale sia il benessere totale o medio, bensì quali siano le opportunità disponibili per ciascuno. E continua: C'è un'enorme differenza morale tra una politica che promuove la salute e quella che promuove capacità sane: quest'ultima, e non la prima, onora le scelte di stile di vita delle persone (Creare capacità, Il Mulino, 2012). 

Dal momento che viviamo in una società dai molteplici stili di vita e dai più svariati comportamenti di consumo, finora benvoluti anche dal mercato, logica vorrebbe che l'idea politica ed economica di libertà fosse fondata, anziché sulla restrizione, sull'ampliamento delle condizioni di compossibilità di goderne. L'accettazione universale del valore della libertà non richiede la puntuale coincidenza delle preferenze, sostiene Amartya Sen (Globalizzazione e libertà, Mondadori, 2002) e qualora si sostenesse che la pandemia costituisce motivo di eccezione c'è da chiedersi quando e quanto si dà prova di credere nei valori dichiarati, una volta escluse con decisione le circostanze più controverse. È soprattutto la libertà degli altri - continua Sen - ad aver preoccupato chi ha sviluppato argomenti contro la libertà (senza tuttavia far mostra di voler rinunciare alla propria). Questo vale per le dittature, incluse quelle militari, e per gli intellettuali autoritari, tra cui molti pensatori che hanno variamente difeso quanto hanno descritto come 'ordine', 'disciplina' o 'sacrificio necessario' in opposizione a 'libertà', 'sfrontatezza' e 'licenza'. 

La predisposizione a misurarsi con l'altro da sé è il modo per comprendere e giudicare con il lume della ragione se l'idea di libertà che viene invocata di questi tempi è davvero sensata o se invece sospinge in una spirale di irrazionalità funzionale. Ognuno può esercitarsi nella direzione che preferisce. Una strada da seguire è osservare la progressiva sostituzione dello stato di diritto con la retorica moralista quando, in assenza dell'obbligo vaccinale, si disconoscono i princìpi di universalità, uguaglianza ed equità sui quali si basa il servizio sanitario nazionale, sostenendo che (solo) i non vaccinati occupano immeritatamente e a spese della collettività i reparti di terapia intensiva. Non dovrebbe applicarsi la stessa logica per gli evasori fiscali? Fra un non-vax, fedele contribuente, e un no-tax vaccinato a chi dovrebbe esser data precedenza? E che dire delle malattie causate da abitudini alimentari dannose, da vizi e dipendenze, o conseguenti a comportamenti irresponsabili? Perché mai i cittadini "buoni e giusti" dovrebbero contribuire alle spese per soccorrere e curare gli artefici del proprio male? E se si ha la fortuna di non beneficiare in modo consistente della spesa sanitaria pubblica, non sarebbe giusto vedere restituita a ciascuno la parte di denaro versato e non goduto? 

Piccolo indizio: vedere l'orientamento del PNRR riguardo al futuro assetto della sanità. Al momento opportuno l'opinione pubblica, educata dai media, sarà pronta, ad appoggiarlo come già accaduto in passato quando, con gli stessi protagonisti di oggi, ha salutato come provvidenziali le privatizzazioni e le deregolamentazioni del sistema economico-produttivo. Nonostante i disastri evidenti, il modello neoliberista "Britannia 1992" si ripresenta oggi supportato non più dai maldestri tentativi di riforme costituzionali ma dal fondamentalismo religioso dell'Unica Vera Scienza con la sua casta sacerdotale, la sua liturgia, i suoi santini, le sue eresie e gli autodafé. E naturalmente, con il suo capro espiatorio.