Aldous

Totalitarismo compassionevole

LEZIONI SEMISERIE DI PROTESTOLOGIA

Le recenti proteste in tante piazze d’Italia e d’Europa ci hanno spinto a dare dei suggerimenti a chi senza il controllo di giornali, TV, parlamento, governo, corte costituzionale, magistratura e banche, ha da obiettare sulla distribuzione del bene e del male nelle scomposte modalità da cui è spinto dal suo dolore plebeo, dall'ignoranza della fatica a cui il repressore è costretto dalla resistenza che la sua carne oppone al manganello e del fatto che tale fatica è nell’interesse comune e merita il supporto di tutti, anche di quello del represso.

Innanzitutto le dimensioni della protesta.

Se il cittadino è parte di un gruppo numeroso rischia di dare fastidio ai non protestanti, pertanto la sua protesta non è ben accetta. Se al contrario i protestanti sono pochi, le loro sono le istanze di una minoranza schiamazzosa e in quanto tali non meritano che un’attenzione distratta fino a quando non raggiungeranno un numero sufficiente per ricevere il trattamento destinato ai numerosi.

Il luogo della protesta deve essere scelto in modo che la protesta sia invisibile e inascoltabile per la maggioranza di chi non protesta e la minoranza contro cui si protesta.

Va ricordato che anche la semplice presenza silenziosa è una violenza psicologica contro chi rappresenta per diritto l’interesse generale. Pertanto il livello di fastidio consentito è quello che si esercita senza farsi vedere e senza farsi sentire.

Il tema della protesta deve essere conosciuto in anticipo da coloro contro i quali si protesta ed essere da loro approvato nel merito e nei modi.

Quanto agli obiettivi, pretendere di essere ascoltati e accolti nelle proprie istanze è manifestamente ricattatorio e lede il diritto ad ignorare la protesta.

Se al contrario la protesta non ha uno scopo si tratta della protesta di chi non sa quel che vuole e dovrebbe essere ignorata fin quando raggiunge la consapevolezza di un obiettivo.

Inoltre, il contenuto della protesta non deve essere offensivo contro minoranze perché sono deboli e vanno protette, né contro le maggioranze perché hanno già vinto la battaglia della democrazia e non riconoscere tale vittoria è antisportivo e antisociale.

Quanto all’approccio, se la protesta è pacifica si tratta chiaramente di rivendicazioni da parte di chi ha tempo da perdere contro qualcuno di cui in fondo non si riescono a scovare demeriti.

Se invece la protesta è violenta essa va condannata a priori e stroncata con maggior violenza, in deroga alla suddetta regola della non violenza.

Poiché non è sempre facile usare la violenza quando essa è stata già scatenata, al repressore è permesso l’uso della violenza preventiva e le considerazioni sul rischio di violenza da parte del protestante sono a totale discrezione del repressore.

Ma chi sono realmente i protestanti? se protestano per una politica sono politicizzati, se sono uomini del popolo sono populisti e se sono uomini qualunque sono qualunquisti.

Il rapporto con la repressione è degno della massima attenzione.

Poiché l’uso della repressione è necessario per la presenza dei protestanti e poiché la repressione ha un costo, tale costo dovrebbe essere a carico del protestante e quanto più aumenta il rischio per il repressore e la violenza contro il protestante, quanto più il protestante dovrebbe pagare.

Chi obietta che essendo protestare un diritto non dovrebbe avere alcun costo, sbaglia ragionamento. Anche la mobilità è un diritto e secondo la costituzione ‘Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale’ ciononostante se va in auto paga la benzina, se va in treno paga il biglietto e se soggiorna in un hotel deve pagare il pernottamento.

Allo stesso modo la protesta viene riconosciuta al cittadino come un diritto ma i danni che essa procura devono essere a carico del protestante.

D’altronde, poiché si protesta per una qualche forma di vantaggio e ogni vantaggio ha una forma diretta o indiretta di equivalente monetario, la protesta può essere considerata come un investimento e come qualunque investimento deve avere un prezzo.

Il problema più grande risiede nella psicologia della protesta. L’errore del cittadino consiste nel credere di essere stato libero e di avere perso la libertà a causa di ciò contro cui protesta. Se sapesse che la sua libertà non è che ‘la pratica di una fantasia senza limiti all’interno delle restrizioni imposte dal potere” (Alejandro Jodorowksy), non avrebbe la percezione di essere stato derubato di un bene che possedeva. Protesterebbe contro la malvagità intrinseca del mondo ma alla fine si rassegnerebbe.

In conclusione possiamo dire ai potenti con i cervelli aguzzi e i denti affilati di guardare ai cittadini che protestano con bonarietà perché come diceva Orwell, “Finché non diverranno coscienti della loro forza, non si ribelleranno e, finché non si ribelleranno, non diverranno coscienti della loro forza.”