Aldous

Totalitarismo compassionevole

IRRAZIONALISMI

Con la fine del progetto comunista incarnato dagli stati guidati dall’Unione Sovietica, il sedicente ‘progressismo’ è diventato una forma della reazione che va assumendo caratteri sempre più globali. Si tratta infatti di posizioni politiche, culturali, finanziarie che si pongono al servizio delle multinazionali, del loro globalismo che è una forma di imperialismo economico e dunque politico e che si presenta con caratteri etico-religiosi come forma del Bene, quando invece – come tutte le pratiche di dominio che tendono all’egemonia – è espressione di atteggiamenti esclusivi ed escludenti, che non dialogano con altre posizioni ma semplicemente le condannano.

Una delle radici di questo fenomeno è l’idea cristiana di una meta del tempo, la Parousía / redenzione guidata dalla volontà divina, che secolarizzata diventa una filosofia progressiva della storia la quale si presenta con i caratteri della inevitabilità metafisica. Una delle esponenti del liberismo più sfrenato - Margaret Hilda Thatcher, baronessa Thatcher, nata Roberts - ha con chiarezza riassunto tale posizione con l’affermazione «there is not alternative» (TINA), «non c’è alternativa».

Un’altra formula che viene ripetuta come un mantra tanto pigro quanto impoverente rispetto all’evoluzione storica del XXI secolo è l’opposizione «destra / sinistra», topologie le quali sono diventate in realtà due correnti del liberismo e del liberalismo dominante, che si scontrano su elementi di contorno e condividono invece alcuni elementi essenziali che provo a riassumere:

-la piena accettazione del sistema economico capitalista;

-la pervasiva trasformazione della vita collettiva nella Società dello Spettacolo così ben descritta e profetizzata da Guy Debord;

-il dominio del ‘mercato’ assurto a divinità della storia e il dominio delle ben più concrete istituzioni bancarie nelle quali tale divinità si incarna;

-l‘individualismo dei desideri rivendicati come diritti, specialmente quelli che hanno a che fare con il genere sessuale;

-la demonizzazione della pluralità di identità che arricchiscono il mondo di differenze (definite «sovranismi») e della critica alle superstizioni collettive (definita «negazionismo»);

-il disprezzo delle conoscenze gratuite e della ricerca di base rispetto agli specialismi portatori di profitto;

-il conseguente definanziamento delle istituzioni culturali non rivolte direttamente al guadagno e in ogni caso l’imposizione a tutte le scuole e alle università di un linguaggio emblematicamente finanziario come quello che si esprime nelle formule dei crediti e dei debiti formativi, delle persone diventate risorse umane, dei cosiddetti ‘portatori di interessi’ (stakeholder) vale a dire delle aziende che nulla sanno dei saperi e però possono/debbono decidere i temi e gli obiettivi della ricerca, sedendo nei consigli di amministrazione e negli organismi collegiali delle Università; 

-l’imposizione e l’accettazione di formule e acronimi più o meno esoterici quali PNRR, il cui effetto immediato ad esempio sui Dottorati di ricerca è stato l’obbligo di presentare progetti di contenuto e metodo «digitali» con esclusione delle consolidate tematiche che fanno l’identità dei saperi chiamati «umanistici»; è quello che sta accadendo nei due Dottorati di ricerca del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania, vale a dire un attentato molto grave alla libertà di ricerca e di pensiero;

-il tentativo di dissoluzione barbarica della memoria e di saperi millenari mediante l’aggressività e l’intolleranza dell’ideologia «Woke», la quale confessa già nel proprio nome – «I risvegliati, gli eletti» – la propria natura discriminatrice, suprematista ed escludente;

-il conseguente privilegio dato alle identità sessuali, razziali e religiose, poste al di sopra delle competenze (un esempio le patetiche «quote rosa»), privilegio che di fatto tende a distruggere la vita delle formazioni sociali.

Si tratta di fenomeni e di posizioni sostanzialmente irrazionali e millenaristici, che configurano un’assai pericolosa crisi della razionalità dei corpi collettivi. Si va in questo modo configurando una forma totalitaria che bisogna contrastare con i dispositivi culturali e metapolitici della complessità, delle differenze, delle libertà di pensiero, della memoria storica, vale a dire – in una parola – con gli strumenti antichi e sempre nuovi della teoresi, della filosofia.