Aldous

Circolari ipnopediche

OBBEDIENZA

Dal 1943 al 1945 il governo tedesco – il Cancelliere e i suoi più stretti collaboratori – vissero tra il bunker di Berlino e quello costruito in una zona di campagna della Prussia orientale. L’ossessione per la sicurezza era tale che il cibo destinato a Hitler veniva prima assaggiato da delle «donne tedesche giovani e di buona salute», reclutate nei villaggi vicini al bunker. Il film di Soldini Le assaggiatrici è tratto da un romanzo di Rosella Pastorino ispirato a tale vicenda. Le sette donne coinvolte, donne sole perché i mariti erano al fronte o già morti, formano a poco a poco un universo nel quale le diverse idee politiche – una soltanto di esse è convintamente nazionalsocialista –, le vite vissute, le sensibilità e gli obiettivi descrivono le diverse reazioni che è possibile avere di fronte all’ingiunzione, all’ordine, alla richiesta di un’obbedienza perinde ac cadaver. Tutto questo viene raccontato da Silvio Soldini con chiarezza e con ottimi ritmi narrativi.

Ben al di là del caso specifico, e certo eccezionale, il film è interessante proprio come paradigma dell’obbedienza. Seguendo con attenzione trama, paure, reazioni, fatti, si comprende quanto fondamentale e pervasivo sia tale paradigma per le vite umane individuali e collettive. E quanto pericoloso esso sia, persino distruttivo. Rivolgendosi alla SS della quale è diventata l’amante, la protagonista Rosa Sauer afferma: «Tu non sei un uomo, tu sai solo obbedire, sempre e comunque». Anche quando l’ordine è di morte, soprattutto quando l’ordine è di morte e riguardi donne e bambini indifesi.

È quanto sta accadendo a Gaza, dove i soldati dell’IDF, l’esercito di Israele, procedono senza incertezze a dare la morte a centinaia di migliaia di bambini e di donne.

È quanto accade nelle Chiese, dove l’obbedienza alla parola di Dio – vale a dire alla parola dei capi pro tempore di tali organizzazioni – è ragione stessa di vita per i gruppi religiosi.

È quanto accade ai gruppi accademici e di ricerca quando assumono l’abito religioso, dichiarando che bisogna credere alla ‘scienza’ come si crede alla parola di Dio e soprattutto bisogna mettere in atto ciò che falsi scienziati, falsi perché dogmatici, ordinano di fare, compreso inoculare sostanze che le stesse case farmaceutiche ammettono essere in gran parte sconosciute negli effetti, dato che per produrle non si sono seguite delle procedure scientifiche rigorose.

È quanto accade più in generale quando la ricerca scientifica e filosofica, che deve essere sempre aperta, obbedisce al principio dell’Ipse dixit: «[molti scienziati] ammettono in teoria che le nostre opinioni sono solo congetture, ma nella pratica mostrano un’intolleranza verso le altre ideologie (quelle non scientifiche) pari all’intolleranza espressa dai sostenitori dell’Unica Salvifica Fede», sino al punto da non poter «negare che la scienza sia tuttora un gran vitello d’oro [e] molti teologi sono servi devoti del razionalismo scientifico, come un tempo la filosofia e le scienze erano serve della teologia» (Paul Feyerabend, Conoscenza e libertà, elèuthera 2024, pp. 120 e 217).

È quanto accade quando l’autorità scolastica e accademica assume i tratti del Sant’Uffizio scomunicando e sospendendo dal lavoro e dallo stipendio molti professori, tra i quali due redattori di questa rivista/blog.

È quanto accade quando degli intellettuali si piegano sempre agli ordini di un’autorità progettata al fine di erodere e cancellare la libera ricerca: a una domanda sulla degenerazione dei dottorati di ricerca, un collega ha ricevuto la seguente risposta: «[su ordine dell’Anvur, Agenzia nazionale per la valutazione dell’università e della ricerca] i dottorati sono praticamente usciti dalla sfera della ricerca (a cui giustamente ti appelli, ma non è più attiva per noi) e sono entrati nella sfera della didattica, punto».

È quanto accade quando il corpo collettivo si abitua, a poco a poco ma inesorabilmente, a seguire gli ordini più insensati e anche quelli che al corpo collettivo portano nocumento; è quanto accade ormai ogni giorno nel ‘libero’ occidente.

Le assaggiatrici, come tutte le donne sotto il Terzo Reich, non potevano neppure abortire, reato che prevedeva la pena di morte. Alcune di esse vengono anzi perseguite per aver «soppresso una vita tedesca non ancora nata». ‘Una vita non ancora nata’, già in questa formula vi è tutta l’insensatezza dell’autorità che vuole che molti nascano, perché il numero è forza, il numero è potenza, il numero è la condizione per ordinare a uomini di uccidere altri uomini. E questo perché «l’ordine ha bisogno di produttori di consumatori, non già di uomini integri, gli uomini integri lo intralciano, a loro esso preferirà sempre gli aborti, i sonnambuli e gli automi» (Albert Caraco, Breviario del caos, Adelphi 1998, p. 59).

Aveva ragione Don Lorenzo Milani: l’obbedienza non è più una virtù. Non lo è mai stata se non in alcune rare circostanze e organizzazioni. Non lo è certo in un presente che somiglia sempre più a quanto descritto nelle distopie letterarie del Novecento, compresa quella di Aldous Huxley, per noi particolarmente significativa.

 

Le assaggiatrici

di Silvio Soldini. Italia, Belgio, Svizzera, 2025. Con: Elisa Schlott (Rosa), Alma Hasun (Elfride), Max Riemelt (Ziegler)