SCIENZA E MORALE
Qualche tempo fa ho partecipato a un Convegno durante il quale, insieme a delle relazioni rigorose e metodologicamente fondate, ho avuto anche la ventura di ascoltare interventi caratterizzati da un habitus scarsamente scientifico. Si è infatti trattato di relazioni che non avevano lo scopo primario di comunicare i risultati di una ricerca che fosse quanto più oggettiva possibile ma di convertire a dei valori morali. Alcuni segnali di tale intento sono stati ad esempio:
-il tono omiletico del discorso, come in una riunione di alcolisti anonimi nella quale si invitano gli astanti a riconoscere il proprio vizio e a esprimere una chiara volontà di redimersi;
-la esplicita dichiarazione che quanto si stava affermando non aveva «nulla di ideologico», tipica affermazione di chi chiama sempre ideologia ciò che pensano gli altri, con le cui opinioni non si concorda; più corretto sarebbe dire che la propria è una posizione ideologica che si reputa migliore di altre analoghe o contrarie prospettive, spiegando perché è scientificamente migliore e non dando per ovvio che lo sia perché fondata su una moralità più «inclusiva» (termine questo diventato ormai del tutto ‘ideologico’);
-l’autocompiacimento nel far parte dei migliori, dei puri, dei redenti, stigmatizzando invece coloro che ancora abitano nelle tenebre. Si è discusso, ad esempio, della scarsa presenza di nomi femminili nei manuali di storia della letteratura italiana e, più in generale, in molte manifestazioni del mondo letterario e artistico. Sono stati dunque stigmatizzati gli atteggiamenti (anche involontariamente) sessisti degli autori di tali manuali, anche dei più recenti. Una delle spiegazioni di tale fenomeno è stata individuata nel «peso» di una tradizione maschilistica che risalirebbe a Francesco De Sanctis, e da lui a Benedetto Croce e a Gianfranco Contini, vale a dire tre storici e critici della letteratura molto diversi tra di loro, soprattutto il terzo, ma evidentemente accomunati da un fiero pregiudizio verso le scrittrici.
Sarebbe dunque arrivato il momento di cancellare un’intera tradizione letteraria e culturale per sostituirla con nuovi valori, con libri che espongano principi ‘progressisti, inclusivi, accoglienti’, con autori avversi a ogni grande e piccolo atteggiamento escludente, omofobo, patriarcale, maschilista, razzista e così via e così via nella stanca e ormai a ogni passo prevedibile litania dei buoni.
Di fronte alla presenza sempre più pervasiva di inquisizioni estetiche e morali, è necessario affermare con semplicità e chiarezza che i libri, la letteratura, la conoscenza devono essere anche immorali per rimanere liberi e dunque fecondi. In caso contrario diventano lo stanco, ingessato e cupo portavoce di un regime di pensiero.
Sulla scorta di quelle statunitensi, anche le Università europee e italiane stanno invece diventando luoghi di militanza politicamente corretta. Una militanza di natura coloniale che viene peraltro negata, tenendo molto a presentarsi come alternativa scientifica, quando invece ha alla sua base il desiderio di «migliorare il mondo», «accogliere i discriminati», «riscattare gli oppressi». Tutte intenzioni assai nobili per una chiesa o un partito politico ma che quando diventano canone obbligatorio e criterio sistematico della ricerca scientifica ed estetica si chiamano ždanovismo. Si potrebbe citare il Don Rodrigo di Manzoni: «“Quando mi viene lo schiribizzo di sentire una predica, so benissimo andare in chiesa, come fanno gli altri. Ma in casa mia! Oh! - e continuò, con un sorriso forzato di scherno: - lei mi tratta da più di quel che sono. Il predicatore in casa! Non l’hanno che i principi.”» (I Promessi Sposi, in «Opere», a cura di L. Caretti, Mursia 1965, cap. VI, p. 316).
In quanto espressione di ždanovščina, l’obiettivo di tali prospettive etico-politiche è imporre il silenzio, o peggio, a quanti non intendono migliorare il mondo, accogliere i discriminati e riscattare gli oppressi ma ritengono che il compito dei centri di ricerca e delle università consista nel comprendere quanto meglio possibile l’accadere storico, la creazione artistica, le leggi della natura, il dispositivo umano. E cercare di comprenderlo in modo freddo, sine ira et studio, e non con formule morali intrise di bigottismo.